ETICA E DEONTOLOGIA DEL FARE CRONACA GIORNALISTICA
Il caso del Quartiere San Siro.
I fatti sono fatti. E son fatti indubbi quelli raccontati e descritti, in epoca recente, dai più diversi cronisti. Come però è ormai noto, l’osservatore fa parte del fenomeno osservato. Quindi, le varie cronache raccontano, anche, dello stato d’animo, del punto di vista e della qualità della strumentazione concettuale cui ciascun cronista ha fatto e fa riferimento. Una qualità che, almeno negli esempi riportati, si dimostra di livello culturale piuttosto ridotto.
«Milano, caccia alla beby gang sotto le tre Torri di Citylife: da piazzale Selinunte per derubare i ragazzini. Una decina di rapine, auto bruciate, irruzioni nei negozi. E cinture griffate, portafogli e zainetti presi ai coetanei che abitano nella zona»,
***
«Milano, arrestato pusher in piazza Segesta: spacciava cocaina nei pressi della metro. È un marocchino di 26 anni, in Italia senza fissa dimora e con precedenti per stupefacenti.
***
Rifiuti e topi, poche luci a San Siro
I due volti del quartiere. Zone di lusso e case popolari nel degrado
***
San Siro, dentro il quadrilatero della paura: Qui hanno vissuto il tunisino arrestato in Libia e l’attentatore Game
***
La baby gang della movida violenta
Si tratta di un’antologia di descrizioni deboli, non pertinenti, superficiali e, nella sostanza, rispondenti alla scelta di compiacere alla volontà manichea (che si esprime anche sul piano politico) che tende a dividere le cose del mondo in assolutamente buone e assolutamente cattive. Da un lato bianco, dall’altro nero, senza alcuna possibilità di articolazione dialettica. Il Quartiere di San Siro viene dipinto e descritto come se fosse una bolgia dell’inferno dantesco. Ma Dante (consideriamolo per un solo momento un cronista della sua epoca), descrive ma anche spiega le ragioni per le quali le anime dei morti sono state relegate ciascuna nel proprio cerchio infernale. Per esempio, spiega le ragioni per le quali il Conte Ugolino sgranocchia il cranio dell’Arcivescovo Ruggeri. I nostri cronisti, a digiuno di buone letture (ma è solo una malevola ipotesi), si sarebbero limitati a raccontare lo specifico e singolare fatto: un Conte che affonda i denti nel cranio di un Arcivescovo. Dal che lo sprovveduto lettore sarebbe stato guidato a farsi l’idea che Ugolino era un cannibale dai gusti, peraltro, discutibili.
Così stanno le cose anche per quel che riguarda le descrizioni che hanno animato e animano le cronache locali che di tanto in tanto (e soprattutto quando la cronaca da bianca o rosa, diviene nera) si occupano del Quartiere di San Siro.
Ma si tratta di un discorso che ha validità molto più estesa e ampia: in linea generale e di massima – salvo rare e ammirevoli eccezioni – il giornalismo “ufficiale” tende qualche volta a sottovalutare l’importanza dell’etica e della deontologia professionale.
Per contrastare questa abitudine, si potrebbe immaginare un giornalismo “dal basso”, non “ufficiale” e che nulla abbia a che vedere con il professionismo degli iscritti all’Ordine dei Giornalisti. Il Quartiere (qualsiasi Quartiere del mondo, quindi anche quello di San Siro) può vivere e rivivere nelle parole, nei racconti, nelle storie, nei casi, nelle iniziative di volta in volta messe in opera e prese con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita di tutti coloro che nel quartiere trascorrono il proprio tempo e la propria esistenza. E chissà che, vivendo un po’ meglio ed essendo magari contenti di andare a scuola, i ragazzi che nelle cronache vengono indicati come “nocivi alla salute”, non imparino a comportarsi come oggi non si comportano. Del resto è bene ricordare che ogni atto deviante (che suscita lo scandalo di un certo modo di fare cronaca giornalistica) è, nella sostanza, la dichiarazione di un bisogno non soddisfatto, il più delle volte e quasi sempre, di natura affettiva.
Voce e parola, quindi, agli abitanti del quartiere: bambini, bambine, ragazzi, ragazze, genitori, volontari, insegnanti, rappresentanti delle istituzioni.
Silvio Morganti