Non sono un taxi, ma quasi un nonno
Di seguito la bella testimonianza di Lando Berardi che da cinque anni è diventato volontario UVI.
Alcuni anni fa ho compiuto 65 anni e ho quindi rallentato la mia attività lavorativa, ma essendo abituato ad avere la giornata piena di impegni e avendo lo spirito e le forze per continuare a svolgere altri compiti, ho pensato che non avrei dovuto stare con le mani in mano e, quindi, mi sono messo a cercare possibili soluzioni alternative.
Avevo due cose chiare in mente: la prima che, comunque, avrei continuato a lavorare seppure con molta meno intensità rispetto al passato, la seconda che avrei dovuto dedicare le mie energie a qualcosa che potesse essere di aiuto ad altre persone.
Informandomi su Internet e parlando con amici, sono venuto a conoscenza dell’esistenza di UVI e ho approfondito quali fossero le sue attività; sono arrivato alla conclusione che, qualora mi avessero accettato, avrei potuto far parte dei suoi volontari.
Ho quindi partecipato al corso di formazione e, al termine, mi hanno chiamato per propormi un incarico operativo.
Mi hanno fatto una proposta molto chiara e precisa: “Il tuo compito è quello di assistere una bambina che ha altri 3 fratelli e i cui genitori lavorano entrambi; ha bisogno di cure e stiamo cercando qualcuno che possa accompagnarla alla Uonpia e da lì a scuola”. Quindi un compito di “accompagnamento”.
Lì per lì, mi sono sentito un pochino frustrato e ho pensato che il mio grande contributo sarebbe stato quello di fare l’autista, punto e basta.
Nei giorni successivi, sono entrato in contatto con i responsabili dello Uonpia e con i genitori di C., i quali mi hanno relazionato sulla situazione della bimba e sono entrati nel dettaglio del mio incarico. Non nego che il mio pensiero rimaneva lo stesso: avrò poche soddisfazioni.
Il giorno in cui ho cominciato, mi hanno presentato C. e mi ha sorpreso il fatto che, nonostante mi avesse appena conosciuto, abbia accettato subito, senza problemi, di farsi accompagnare da me.
Non lo so, forse sono stato molto fortunato, ma quasi immediatamente si è creato tra noi un rapporto positivo che, nel corso del tempo, è diventato molto più intenso.
Devo dire che mi sono sentito, e mi sento tuttora, importante grazie a lei. Da quanto mi dicono i suoi genitori anch’io sono importante per lei, mi considero un po’ come un nuovo parente, un nonno acquisito.
Riflettendoci adesso, quella che mi sembrava un’attività “minore” è diventata un’attività importante perché mi accorgo che, nel mio piccolo, le sono di aiuto e, quando mi vede, mi sorride sempre e ciò è per me motivo di orgoglio e soddisfazione.
Come considerazione finale, vorrei dire a chi è invitato a svolgere il mio stesso compito che cogliere negli occhi della persona che si è chiamati ad accompagnare un segno di affetto vale tanto, tantissimo: sono convinto che ricevo molto di più di quello che do.